Cos’è un gruppo elettrogeno e come funziona
I gruppi elettrogeni sono sistemi autonomi progettati per generare energia elettrica in assenza o in supporto della rete principale. Il loro funzionamento si basa su un motore (solitamente diesel o a gas) che aziona un alternatore, trasformando l’energia meccanica in energia elettrica. Sono utilizzati in svariati contesti, ma in ambito industriale la loro affidabilità e potenza diventano fattori critici.
Un concetto fondamentale è il rapporto tra potenza nominale e potenza continua. Molte aziende faticano a valutare correttamente le proprie esigenze energetiche durante una fermata programmata o un blackout improvviso. Un errore di dimensionamento può significare inefficienze operative o, peggio, interruzioni nella produzione.
Perché le aziende industriali investono sempre di più nei gruppi elettrogeni
L’affidabilità della rete elettrica non è più scontata. Tra eventi climatici estremi, crescita della domanda energetica e infrastrutture obsolete, le interruzioni diventano sempre più frequenti. In questo scenario, molte aziende scelgono gruppi elettrogeni come assicurazione operativa. Ma non si tratta solo di continuità: esistono almeno tre motivazioni strategiche dietro questo investimento.
- Continuità operativa: nei settori dove il fermo macchina implica costi elevatissimi (pensiamo a produzioni su larga scala o impianti chimici), anche pochi minuti di blackout possono tradursi in perdite significative.
- Autonomia energetica e pianificazione: alcune PMI iniziano a utilizzare i gruppi elettrogeni in combinazione con sistemi di storage e impianti fotovoltaici, per ridurre l’impatto dei picchi di domanda o delle tariffe variabili.
- Conformità normativa e sicurezza: in certi settori regolamentati (sanità, logistica farmaceutica, data center), un’alimentazione di backup non è solo utile, ma obbligatoria.
Caratteristiche tecniche da considerare nella scelta
Non tutti i gruppi elettrogeni sono uguali, e un errore nella fase di selezione può comportare inefficienze durature. Ecco i parametri fondamentali da monitorare:
- Potenza erogabile: va scelta in funzione del carico massimo sostenibile, con un margine di sicurezza del 10–20%. L’utilizzo di un’analisi carichi dettagliata è consigliabile.
- Tipo di motore: diesel, a gas naturale, bi-fuel. Il diesel rimane la scelta più robusta in ambito industriale, ma il gas inizia a guadagnare terreno per motivi ambientali e normativi.
- Tipo di avvio: manuale, automatico (con ATS – automatic transfer switch) o telecomandato. In ambito produttivo, l’avvio automatico è spesso indispensabile.
- Sistemi di raffreddamento: ad aria o a liquido. Il secondo garantisce maggiore stabilità nelle alte potenze o in ambienti mobili (cantieri, miniere).
- Rumorosità e emissioni: sempre più rilevanti, specie nei contesti urbani o in prossimità di aree residenziali. Alcuni modelli offrono cablaggi insonorizzati e filtri per ridurre l’impatto ambientale.
Un elemento spesso sottovalutato è la qualità dell’inverter e della regolazione automatica della tensione (AVR). Nei processi che coinvolgono macchinari sensibili, come server, macchine CNC o impianti di confezionamento, una tensione instabile può fare danni anche se il gruppo funziona correttamente in termini meccanici.
Casi d’uso concreti in ambito industriale
Dalla manifattura all’agroalimentare, passando per il settore oil & gas, i gruppi elettrogeni trovano applicazione in contesti operativi critici. Analizziamone alcuni.
1. Industria metalmeccanica: un’azienda di carpenteria pesante in Emilia Romagna utilizza un gruppo elettrogeno diesel da 500 kVA come sistema di backup integrato. Durante un blackout del 2022, il sistema si è attivato in 13 secondi, garantendo la produzione continua di lamiere destinate all’automotive, evitando una perdita stimata di oltre 120.000 euro.
2. Data center e logistica digitale: in Lombardia, un provider di servizi cloud ha installato quattro gruppi elettrogeni in parallelo, ciascuno da 600 kVA. Il sistema ridondante è in grado di alimentare il data center completo per 48 ore continuative. È stato messo alla prova nel luglio 2023 durante un’ondata di calore che ha messo in crisi la rete elettrica urbana.
3. Settore agroalimentare: un caseificio del Sud Italia ha adottato una combinazione tra fotovoltaico, batterie e gruppo elettrogeno a gas da 250 kVA. Oltre alla continuità nella catena del freddo, la soluzione ha ridotto i costi energetici del 17% nei primi 6 mesi.
Vantaggi competitivi e ritorno sull’investimento
Come ogni asset industriale, il gruppo elettrogeno deve fornire un ritorno tangibile. Il ROI può essere calcolato considerando:
- Evitate perdite di produzione o deperimenti: calcolabili in base alla marginalità oraria del processo.
- Riduzione di penali contrattuali: in settori con clienti strategici, come automotive o alimentare, i ritardi causati da blackout possono generare penali elevate.
- Ottimizzazione dei costi in fasce orarie critiche: alcuni impianti attivano il gruppo anche in assenza di blackout, per evitare consumi in fascia F1 (diurna feriale), quando il kWh costa di più.
Uno studio del Politecnico di Milano mostra come l’adozione di un gruppo elettrogeno ben dimensionato possa generare un payback in 2-4 anni nelle PMI con produzione continua. Il dato sale a 5-7 anni per impieghi sporadici o nelle aziende che utilizzano il gruppo solo come backup passivo.
Tendenze future e innovazioni nel settore
La tecnologia dei gruppi elettrogeni si sta evolvendo verso due direttrici principali: sostenibilità e digitalizzazione.
Motori a basse emissioni: sempre più produttori adottano motori Stage V, conformi alla normativa europea sulle emissioni. Alcuni modelli utilizzano HVO (hydrotreated vegetable oil), un biocarburante che consente di ridurre le emissioni fino al 90% rispetto al diesel tradizionale.
Controllo remoto e predictive maintenance: grazie a soluzioni IoT integrate, i gruppi più avanzati inviano dati in tempo reale su stato operativo, consumo e diagnostica. Le imprese possono intervenire prima che si verifichino guasti, riducendo i tempi di fermo non pianificati.
Integrazione con reti intelligenti e sistemi ibridi: nel medio periodo, i gruppi elettrogeni saranno sempre più spesso parte di un microgrid aziendale, integrati con impianti solari, batterie e software intelligenti di energy management.
Un esempio concreto è quello di una cartiera del nord-est che ha realizzato una micro-rete con tre generatori a gas, sistema solare e accumulo da 1 MWh: l’intero impianto è controllato da un algoritmo che decide ogni 15 minuti quale fonte utilizzare, sulla base dei costi energetici e delle soglie operative.
Checklist per le aziende che valutano l’investimento
Chi sta valutando l’acquisto o il noleggio di un gruppo elettrogeno dovrebbe porsi alcune domande chiave:
- Abbiamo un’analisi dettagliata dei carichi critici da alimentare in caso di emergenza?
- Dobbiamo rispettare normative specifiche (ASL, HACCP, TIER, ecc.)?
- Serve una soluzione mobile o fissa?
- Quanto costerebbe un’ora di fermo impianto imprevisto?
- Abbiamo spazio e ventilazione adeguati per l’installazione?
- È più vantaggioso l’acquisto diretto o il noleggio operativo?
Solo dopo aver risposto a questi quesiti ha senso entrare nel dettaglio tecnico con un fornitore qualificato. Le scelte sbagliate in questo ambito si pagano care, sia in termini economici sia in affidabilità operativa.
Uno strumento strategico, non solo emergenziale
I gruppi elettrogeni industriali non sono più da considerare come semplici “polizze contro i blackout”, ma strumenti flessibili e da integrare nella strategia energetica complessiva. Con l’aumento della variabilità energetica, dei prezzi e della sensibilità ambientale, il loro ruolo nei prossimi anni sarà sempre più rilevante. E come spesso accade nell’industria, chi si prepara prima, vince sul lungo periodo.